VIAGGIO NEL DNA DELLE ORGANIZZAZIONI

Organizzazione(r)

 

[Le teorie organizzative] [Gli approcci organizzativi] [le 9 variabili della performance] [La Balanced scorecard] [il Knowledge management] [Il Change management organizzativo]

 

 

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Le Aziende di consulenza che operano nelle Aree dell’Organizzazione e della Qualità svolgono i loro interventi attraverso progetti condotti tradizionalmente, tramite interviste, e producono, nella maggioranza dei casi, rapporti o modelli di natura organizzativa, per lo più cartacei.

In certi casi, ancora rari e considerati “pilota”, sono usati sistemi grafici (power point, abc flow chart, ecc.) o, al massimo, tool di supporto alla progettazione (visio, process design, ecc.), utili per supportare le attività di progetto, ma insufficienti a capitalizzare il knowledge generato dal progetto e a distribuirlo a tutto il personale che dovrà operare sul nuovo modello organizzativo.

Tale situazione, nota agli operatori di mercato, specializzati nella consulenza, impone la ricerca di nuove soluzioni, attraverso le quali si possano creare, nel contempo, valore aggiunto al cliente  e nuove opportunità di business per la consulenza, in termini di cross selling (continuità nella vendita e permanenza sul cliente).

Per quanto riguarda l’Area organizzazione, un problema - che può però tramutarsi in opportunità di nuovi business per la consulenza - deriva dal fatto che, ancora oggi, è difficile, nonché oneroso per le Organizzazioni, trasformare i risultati della progettazione organizzativa in operatività, ovvero tradurre il modello organizzativo teorico, progettato dagli addetti all'organizzazione in un agglomerato organico-inorganico di intelligenze, risorse umane e strumentali, funzionante in modo tale da rispecchiare nel mondo reale il modello teorico.

Occorre accorciare le distanze fra la progettazione e l’applicazione dei risultati da questa prodotti nel quotidiano.

In genere, quando gli addetti all'organizzazione hanno esaurito il loro ruolo, in termini di progettazione organizzativa, dovrebbe essere avviato immediatamente un progetto per comunicare a tutto il personale dell’Organizzazione il nuovo modello organizzativo, nonché la normativa a questo inerente, affinché i comportamenti si adeguino agli obiettivi e alle strategie.

Tale processo è di per sé lungo e oneroso ed è proprio in questa fase che si compromettono gli investimenti sostenuti dalle Organizzazioni per la progettazione del nuovo modello organizzativo.

Supponendo, infatti, che la la progettazione organizzativa abbia prodotto, quale risultato del suo intervento, un modello organizzativo soddisfacente, non è per niente scontato che esso sia capitalizzato in termini di conoscenza aziendale (il knowledge di progetto deve divenire patrimonio dell’Organizzazione…) e che sia immediatamente disponibile per il personale (…e tramutarsi in know-how del personale), né è garantito che la fruibilità dell’informazione sia di facile consultazione.

Ciò, in genere, richiede all’Impresa ulteriori notevoli investimenti e il non affrontarli o il sottovalutarli determina quasi sempre l’insuccesso e il fallimento del nuovo progetto organizzativo, con una significativa perdita di:

·        remunerabilità dell’investimento (il costo della sola progettazione può essere anche di qualche milione di Euro);

·        tempo  e, quindi, competitività, per le implicazioni che l’insuccesso comporta in termini di ritardo di applicazione delle strategie.

Quanto sopra è confermato dal fatto che, pur essendo il Business Process Reengineering la metodologia più utilizzata per la reingegnerizzazione dei processi in chiave di business, solo il 16% di tali progetti ha avuto successo, mentre:

·        il 31% dei progetti sono falliti,

·        il 53% sono abortiti ancor prima di giungere alla conclusione.

Tale statistica, allarmante anche in termini di rapporto costi sostenuti/benefici attesi, è il risultato di una indagine condotta da Gartner Group, su di un campione di 400 Imprese statunitensi e un totale di 84.000 progetti.

Organizzazione e qualità.

  Problematiche simili si riscontrano anche in quel settore della consulenza che si occupa di Qualità.

Quanti sono i sistemi qualità progettati e poi realmente applicati dalle Organizzazioni?

Perché spesso sono vissuti dalle Imprese come un appesantimento, piuttosto che come uno strumento di lavoro utile per svolgere le attività di tutti i giorni?

 Eppure gli otto principi della qualità (UNI EN ISO 9000:2000):

 ·        organizzazione focalizzata sul Cliente,

·        leadership,

·        coinvolgimento delle persone,

·        approccio basato sui processi,

·        approccio sistemico alla gestione,

·        miglioramento continuo,

·        decisioni basate sui fatti,

·        rapporti di reciproco beneficio coi fornitori

 sono sicuramente da perseguire e quantomeno condivisibili.

 Perché, quindi, l’approccio con cui è affrontata la Qualità non è il più delle volte né efficace né efficiente?

 La Qualità, come l’Organizzazione, è un tema che coinvolge  l’intera Azienda e che impatta su tutte le sue attività. Una volta progettato un sistema qualità (o un sistema organizzativo), vi è, quindi, la necessità di informare tutta l’Azienda, a tutti i livelli, in modo che essa possa operare secondo le nuove regole di funzionamento.

Inoltre, con l’avvento e l’affermazione delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT),  le Imprese sono pesantemente sollecitate ad adeguare il loro modo di funzionare alle nuove esigenze di un mercato sempre più competitivo o, meglio, a reinventare il proprio modello di business, in quanto è proprio questo che è messo alla corda.

  Contemporaneamente, esse sono obbligate a:

 ·        fornire prodotti/servizi secondo le logiche e le norme della Qualità (ISO/Vision 2000);

·        modificare i propri processi operativi e a crearne altri finalizzati al controllo o alle visite ispettive in ottemperanza di quelle leggi o norme (privacy, sicurezza, controllo dei rischi operativi e finanziari, ecc.) emesse dal Governo o da specifiche Istituzioni preposte alla sorveglianza o al controllo.

 A fronte di quanto sopra, però, l’interpretazione e la successiva applicazione della norma UNI EN ISO 9000:2000  da parte degli specialisti della qualità insieme alla scarsa sensibilità da parte delle Organizzazioni certificande  hanno contribuito a:

·        far accettare la qualità come una certificazione necessaria, da esporre obbligatoriamente in certi contesti (per lo più gare pubbliche) e, quindi, come un adempimento oneroso per l’Impresa, piuttosto che come un metodo da adottare nel quotidiano per migliorare la propria efficacia ed efficienza;

·        far subire il cambiamento organizzativo, piuttosto che viverlo come un naturale e necessario processo evolutivo dell’Impresa, fondamentale per la sua sopravvivenza (approccio finalizzato al miglioramento e apprendimento continuo, secondo le logiche del Change e del Total Quality Management).

 E’ da considerare, inoltre, che organizzazione e qualità sono vissuti come mondi separati ove operano professionalità specializzate che non si integrano in termini culturali.

 C’è invece un forte bisogno di integrazione, in quanto solo attraverso una buona organizzazione è possibile ottenere la qualità.

I limiti dell’approccio a micromondi.

  Ma questo è solo un esempio di ambiti che spesso sono considerati diversi e lontani fra di loro e che portano ad affrontare i problemi in modo separato e specialistico. Problematiche quali privacy, sicurezza e controlli interni sono legate da affinità nascoste che vedono i processi, la loro riprogettazione ed il loro controllo alla base di tutto.  Le tematiche in questione, in sostanza, seguono fondamentalmente un unico filo conduttore, quello dell’abbattimento dei rischi insiti nei processi operativi e nelle loro attività componenti e possono essere affrontate e risolte in modo integrato tramite un approccio metodologico unico, che, attraverso:

·        la mappatura dei processi operativi,

·        il cablaggio delle attività di controllo (per tipologia di rischio) all’interno dei processi operativi,

·        la progettazione di un sistema di indicatori di processo,

·        la progettazione dei processi di controllo e di valutazione periodica degli indicatori,

·        il ridisegno delle strutture in modo che siano coerenti con i processi, individuando i process owner e quindi le responsabilità,

·        la stesura delle normative operative e di controllo (ricavate dai processi)  in termini chiari di chi fa cosa,

·        la distribuzione capillare a tutto il personale delle normative,

assicuri l’abbattimento del rischio. Si possono trovare altri esempi di tematiche che solo apparentemente risultano diverse, quali:

·        il controllo di gestione

·        il dimensionamento degli organici

·        il knowledge management

·        il controllo di processo

·        ecc,

ma che presentano similitudini ed attinenze, nonché insistono sugli stessi dati e informazioni.

Si può, quindi, ragionevolmente affermare che è diffusa la tendenza ad affrontare le tematiche aziendali come se fossero dei micromondi isolati e non comunicanti (fig. A1).

Conclusioni.

In sintesi, quanto esposto deve far riflettere sulla necessità  che la Consulenza e le Imprese, ai fini di progettare, implementare e gestire con successo e in real time il cambiamento organizzativo, devono affrontare i seguenti problemi:

·        l’approccio specializzato a settori fa perdere la visione d’insieme,

·        tematiche collegate sono considerate, a torto, diverse o lontane fra loro,

·        le variabili da dominare per progettare o gestire i processi sono molteplici in termini di numero e di tipologia,

·        gli interventi di progettazione organizzativa producono carta e non dati e informazioni,

·        la conoscenza non è quasi mai capitalizzata ed è spesso distribuita in modo non efficace,

·        per le informazioni e i dati inerenti il sistema organizzativo, non si usano quasi mai sistemi informatici atti a creare sistemi informativi,

·        spesso non sono utilizzate culture (skill, know-how, esperienze) adeguate per gli interventi di reengineering o per progettare sistemi qualità,

·        l’impossibilità di capitalizzare in maniera soddisfacente gli interventi effettuati in precedenza, anche nell’ambito della medesima Organizzazione,

·        la mancanza di strumenti di progettazione organizzativa e di knowledge management integrati in grado di soddisfare le molteplici esigenze dell’Organizzazione,

·        difficoltà di creare ambienti di cooperazione distribuiti,

·        costi di acquisto e gestione dei sistemi estremamente elevati.

Tali problematiche coinvolgono non solo le Imprese ma anche le Pubbliche Amministrazioni dove le nuove tecnologie impongono di ripensare completamente ai servizi offerti ai cittadini in modo che queste rendano più facile accedere agli stessi e più trasparente il funzionamento della macchina burocratica.

Anche in questo caso sarà vitale e strategico sia operare per processi che avere il pieno governo del modello organizzativo.

Far crescere nel contempo culture, capacità organizzative, tecnologie sia nelle Pubbliche Amministrazioni sia nel territorio è un obiettivo di radicale sconvolgimento dei modelli organizzativi oltre che di quelli socio-culturali, che imporrà l’attivazione di cicli formativi continui effettuati in modo tradizionale e innovativo, facendo ricorso a tecnologie di e-learning.

  Lo scenario a venire.

E’ chiaro, in definitiva, che ci si trova di fronte a una situazione  in cui:

·        Imprese e Pubbliche Amministrazioni dovranno evolversi e reinventare la propria organizzazione in funzione delle mutate esigenze di contesto;

·        l’offerta di servizi, da parte delle società di consulting, dovrà adeguarsi alle nuove esigenze del mercato e soprattutto fornire servizi, metodologie e sistemi ad alto contenuto di valore aggiunto.

 E’ quindi evidente che occorre ricercare nuovi approcci e sistemi, che consentano d’intervenire sulle organizzazioni secondo un approccio diverso dove tutti questi aspetti possano essere affrontati in modo integrato.

 Argomenti quali Knowledge Management e Knowledge Changing sono temi su cui si discute e su cui le Imprese investono e dovranno investire per gestire il cambiamento continuo, per capitalizzare la conoscenza e poi distribuirla.

  Essi sono riconosciuti, inoltre, come temi di per sé di frontiera, dove si sta concentrando la ricerca soprattutto internazionale.

 Yogest Malhotra, uno dei più importanti esperti ed opinion leader sugli argomenti in questione individua nel Knowledge Management l’asse portante per poter gestire il cambiamento, il fulcro del Knowledge Changing [creare, gestire e distribuire la conoscenza all’interno di un naturale ciclo di adattamento dell’Impresa (profit o no profit quale essa sia) all’ambiente (mercato, contesto socio-economico) è per Malhotra la chiave del successo].

 Business Process Reengineering, Knowledge Management, Knowldege Changing, sono una serie di passi evolutivi verso la consapevolezza che oggi le Imprese hanno bisogno di un approccio diverso per risolvere i loro problemi.

 Sicuramente la nuova frontiera passa per il Change Management Organizzativo, ovvero per la capacità delle Imprese di progettare la propria Organizzazione in funzione del mercato o più in generale del contesto ove operano secondo un ciclo continuo finalizzato a disegnare modelli organizzativi evolutivi e nel contempo gestire un modello organizzativo d’esercizio in base al quale si opera.

 Ma ancora quest’approccio seppure molto evoluto rispetto ai comportamenti attuali delle Organizzazioni può essere limitativo in termini di risultati.

 Potremmo infatti essere tentati di associare l’Impresa ed suoi comportamenti a quelli di un macchinario di cui occorre seguire l’evoluzione e gestirne il funzionamento.

 Nulla di più errato! Le Imprese non sono macchine ma organismi ed in quanto tali vanno affrontate e trattate.

 Non sono solo composte da uomini, hardware e software, ma anche da emozioni, intuizioni, idee, capacità progettuale, gestionale e produttiva.

 Non è azzardato pensare e dichiarare che le Imprese hanno un’anima e che, nel loro complesso, esprimono non solo fredde logiche ma sensazioni e sentimenti.

 Queste non seguono solo i dettami della logica e della razionalità, sono creative e spesso osano e quindi corrono dei rischi nell’inseguire idee piuttosto che numeri e risultati.

 Il Change Management Organizzativo è quindi sicuramente uno strumento necessario come gli altri di cui abbiamo discusso, non è alternativo agli altri approcci anzi deve essere integrato con gli stessi.

 Quello che manca è una visione di base che accomuni tutti gli altri approcci componenti in modo naturale, quasi una predisposizione ad avvicinarsi alle Imprese ed ai loro problemi con un atteggiamento diverso più naturale e soprattutto meno superficiale ed invasivo.

 E’ l’atteggiamento del medico che cura il suo paziente o dell’ingegnere genetico che è consapevole dell’immenso potere che esercita, all’atto della manipolazione dei geni.

Naturalmente ciò tocca non solo le logiche che sottendono la progettazione di nuove metodologie e sistemi ma la stessa etica di chi esercita la professione di consulente.

 Riteniamo che stiamo per toccare una nuova era per l’organizzazione e le tematiche a questa connesse, quella dello studio, della progettazione e della clonazione di Imprese secondo logiche diverse dove queste e le loro componenti sono viste nel loro complesso-contesto.

 

Il presente documento ha l’obiettivo d’identificare e definire una nuova disciplina basata su concetti “olistici ed ecologici” che potrebbero rivoluzionare il modo di fare e vivere l’organizzazione: la Genetica d’Impresa (Corporate Genetics).

 Naturalmente ci rendiamo conto della complessità di quanto stiamo affrontando per cui riteniamo che i risultati a cui si è pervenuti non possono essere esaustivi dell’argomento ma sicuramente sono un primo passo verso un nuovo modo di fare organizzazione.

 

 

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