VIAGGIO NEL DNA DELLE ORGANIZZAZIONI

La teoria degli automi autoriproducentesi(r)

 

 

 

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Von Newmann non fa parte del Santa Fe institute, ma la sua teoria è stata fondamentale per Chris Langton, ricercatore di tale istituto, e per lo sviluppo dei suoi modelli sulla vita artificiale. Inoltre, riteniamo che gli argomenti da questi sviluppati sul funzionamento degli automi cellulari siano di tale importanza per la nostra trattazione sulla genetica d’impresa (Corporate Genetics), da considerare il riflettere su tale teoria una tappa obbligata del nostro percorso cognitivo.

Per von Newmann, piante ed animali sono solo macchine che seguono le leggi naturali delle stelle e dei pianeti che si sono riprodotti per miliardi d’anni, seguendo le leggi universali.

Per comprendere meglio come ciò sia potuto avvenire e per provare la sua teoria, ipotizzò un esperimento.

S’immagini una macchina galleggiante in uno stagno con un certo numero di pezzi di macchine e si supponga che questa sia un costruttore universale. Questo è, per definizione, in grado di costruire qualsiasi macchina purché sia in possesso dello schema (pattern) necessario alla sua costruzione.

Il costruttore universale sarebbe in grado, inoltre, di costruire sé stesso nel momento stesso in cui conoscesse il proprio schema (pattern) di funzionamento.

La copia di sé stesso generata dal costruttore universale non sarebbe capace d’autoriprodursi se non avesse fra i propri componenti un copiatore del proprio schema (pattern); un dispositivo capace di prendere la descrizione originaria, duplicarla ed integrarla nella macchina figlia.

In questo modo, secondo von Newmann, la macchina figlia avrebbe tutto ciò che necessita per riprodursi all’infinito (fig. 12).

Egli affermò che, per riprodursi, il materiale genetico di qualsiasi sistema autoriproduttivo, naturale o artificiale, deve svolgere contemporaneamente due ruoli diversi, in pratica deve comportarsi come:

  1. una specie di programma, una algoritmo che deve essere eseguito durante la fase di riproduzione
  2. una sorta di banca dati che possa essere trasmessa alle generazioni successive.

 Qualche anno dopo, Watson e Crick rivelarono la struttura molecolare del DNA e scoprirono che questa soddisfaceva appieno alle due condizioni:

  1. in quanto programma genetico, il DNA codifica le istruzioni per produrre tutti gli enzimi e le proteine strutturali di cui una cellula necessita
  2. in quanto archivio di dati genetici, la doppia elica del DNA si svolge ed esegue una copia di sé stessa ogni volta che la cellula si divide in due.

 Tale sistema è sicuramente molto efficiente ed efficace poiché ha costruito la duplice natura del materiale genetico nella stessa struttura della molecola del DNA.

 John von Newmann e Stanislaus Ulam immaginarono un universo programmabile, dove il tempo è scandito da un orologio cosmico mentre lo spazio è riempito da un reticolo discreto di cellule.

 Ognuna di queste è un calcolatore descrivibile attraverso un automa a stati finiti, cioè una rete di stati di transizione assumibili dal sistema cellula ad ogni scansione dell’orologio cosmico.

 Le leggi fisiche sarebbero regolate dalla tavola degli stati di transizione che costituirebbe la regola che stabilisce ogni automa in quale stato deve passare per ogni configurazione di stati possibili.

 Il sistema, così ideato, anche se molto complesso, era riproducibile su qualsiasi computer e dimostrava che l’autoriproduzione, prerogativa degli organismi viventi, poteva anche essere realizzata sulle macchine.

 Tali sistemi furono definiti: automi cellulari.

 Un modello sperimentale capace di autoriprodursi fu successivamente approntato da Edward Codd sotto la guida di John Holland.

 Il sistema di Codd era un sistema ad otto stati di cui quattro operavano come bit di dati ed altri quattro svolgevano ruoli ausiliari.

In particolare uno funzionava da conduttore/isolante, ovvero consentiva oppure no il passaggio dei dati da una cellula all’altra.

 

 

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