VIAGGIO NEL DNA DELLE ORGANIZZAZIONI

La teoria della motivazione(r)

 

 

 

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Col taylorismo si erano ottenuti enormi aumenti di produttività ma altrettanto notevoli erano le implicazioni psicologiche e di stress sulle risorse umane.

  Il movimento motivazionalista e le teorie relative nascono dalle ricerche dei tre inglesi Waytt, Fraser, Stock (1929) che segnano la nascita della psicologia industriale.

  Tali ricerche individuano nell’evitare la ripetitività, nel considerare le risorse umane in modo non atomico ma correlato con gli altri, nel considerare il riposo non solo come un modo per recuperare le forze fisiche ma anche un sistema di ricarica psichica ed in altri accorgimenti le possibili soluzioni ai problemi indotti dall’applicazione delle teorie scientifiche all’organizzazione.

  Il Taylorismo veniva considerato rigido e lacunoso.

  Nel 1924 Elton Mayo, dopo un’attenta ricerca basata sull’attenta osservazione dei comportamenti operativi, denuncia che le cause di stress non derivano tanto dalla fatica quanto dall’ambiente reso freddo e meccanico e dalla direzione lavori che trasforma le risorse umane in annoiati esseri che assistono macchine senza poter interagire fra loro.

  Nel momento stesso in cui è affidata ai diretti interessati la programmazione delle attività, Mayo nota che questi creano spirito di gruppo, si automotivano e collaborano maggiormente con il management.

Da altre ricerche, si osserva come le risorse umane tendano naturalmente ad associarsi in gruppi informali e come il comportamento del gruppo influenzi notevolmente la produttività.

  Si comincia ad avere la percezione che l’ambiente e le relazioni fra gli individui siano fondamentali per l’organizzazione.

 Il movimento motivazionalista, anche se in molti casi estremizza le situazioni ed attacca ingiustamente le teorie scientifiche dell’organizzazione, ha il pregio di aver evidenziato le incompletezze dell’approccio Taylorista ed i pericoli di un management che non consideri gli aspetti correlati alla motivazione del personale.

  Le linee espresse dal movimento in questione portano a:

bulletconsiderare il gruppo come unità analitica automotivante che influenza la produttività
bullettenere conto del rapporto che esiste fra organizzazione formale ed informale cioè quella non dichiarata ma che si crea a causa delle relazioni spontanee
bulletpensare alla motivazione ed alla soddisfazione per il lavoro non solo in termini economici ma anche in funzione dei comportamenti di gruppo, delle relazioni interpersonali e dello stile di management
bulletdare peso ai comportamenti della direzione in quanto può influire notevolmente sul morale e l’efficienza
bulletvalorizzare i sentimenti e le relazioni che nel vissuto delle risorse umane rappresentano un’alternativa alla teorizzazione dell’efficienza.

La teoria motivazionalista pone quindi l’attenzione su un altro valore importante che è il bisogno di autorealizzazione che è proprio dell’uomo.

  Nel momento stesso in cui è dedicata buona parte del proprio tempo all’Organizzazione a scapito della propria vita personale è naturale che le risorse umane, a vari livelli, aspirino ad autorealizzarsi all’interno del contesto ove operano.

  E’ quindi fondamentale coniugare compito, ambiente, relazioni e stile di management affinché portino, equilibrandosi, a condizioni utili all’automotivazione.

 

 

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