VIAGGIO NEL DNA DELLE ORGANIZZAZIONI

La progettazione delle strutture(r)

 

 

 

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La progettazione delle strutture organizzative è il modo più rapido per fare organizzazione e per cambiare strutture, situazioni, uomini.

 Molti considerano tale approccio un modo classico per gestire e distribuire le responsabilità ormai superato da approcci più moderni quale quello per processi.

 Tale punto di vista, è stato predominante per un certo periodo nel momento in cui il BPR (Business Process Reengineering) era considerato la metodologia più valida per far ottenere un vantaggio competitivo alle Organizzazioni.

 Secondo il nostro punto di vista i due approcci sono compatibili e complementari.

 L’approccio per processi definisce in modo chiaro le attività, mette a nudo il funzionamento delle stesse e le relazioni che le legano ed identifica le responsabilità operative (process ed activities owners).

 L’approccio per strutture identifica le responsabilità, le struttura in ogni caso gerarchicamente, indipendente dalla tipologia di rappresentazione che si dovesse adottare, focalizza le singole unità organizzative sulla missione, gli obiettivi ed i compiti.

 Le strutture hanno inoltre un’altra importante ed insostituibile funzione: possono essere contemporaneamente sistema di gratificazione personale per gli uomini e sistema di governo.

 La gratificazione, infatti, per gli uomini può essere distribuita almeno su cinque livelli:

1.      economica — la remunerazione per il lavoro consente all’individuo di gratificarsi all’esterno dell’Organizzazione acquistando beni e servizi

2.      morale — gli individui hanno una propria concezione morale che può, in certi casi, conciliarsi con l’attività lavorativa, è una variabile molto forte perché è in grado di motivare le persone indipendentemente da tutti gli altri parametri (il volontariato ne è un esempio)

3.      di ruolo  questo gioca un peso notevole specie nelle Organizzazioni dove esiste un’alto livello di competizione, gratifica poiché tocca l’orgoglio delle persone ed il modo di rapportarsi delle stesse con gli altri

4.      di attività — è fondamentale sempre in quanto consente di avere risorse motivate ed autogratificate da ciò che fanno, tale fattore è della massima importanza soprattutto nelle Organizzazioni tecnologiche o di progettazione ad alto tasso di creatività

5.      di struttura — è la gratificazione più ancestrale e tradizionale, forse quella meno moderna, ma sicuramente molto presente nella scala dei valori degli uomini, il sentirsi “capo”, responsabile, esercitare il proprio potere sugli altri, motiva anche maggiormente rispetto a quella economica.

 Una struttura ben equilibrata riesce a conciliare le esigenze dell’Organizzazione di governare i processi e le aspettative degli uomini.

 In tal senso la struttura può tranquillamente convivere con un approccio per processi in quanto, una riorganizzazione di questi richiede, alla fine, sempre l’individuazione dei poli di governo e quindi una ridefinizione delle Unità Organizzative e delle loro relazioni gerarchiche.


  Naturalmente per ridefinire le strutture non occorre necessariamente rivedere i processi ma è possibile operare su queste tenendo però conto che tutte le attività aziendali necessitano di essere presidiate e coordinate e che quindi, anche se non si entra nel dettaglio dei processi, occorre almeno incrociare, anche attraverso una semplice matrice di copertura, le macroattività con le unità organizzative responsabili (fig. A8).

  Rappresentare le strutture

 La rappresentazione delle strutture serve a fornire un chiaro riferimento a tutta l’Organizzazione  sulla dipendenza gerarchica delle unità organizzative, su come debba procedere il flusso delle comunicazioni istituzionali, sull’attribuzione delle responsabilità, sulla distribuzione delle risorse umane, strumentali, logistiche.

 In fig. A9 è riportato un esempio di struttura gerarchica.

 

 In tale notazione sono state identificate con U1 …. U13 le unità organizzative componenti la struttura. I legami disegnati dall’alto in basso sono gerarchici ed identificano la relazione “dipende da”.

Il legame che collega gerarchicamente U1 con U2 indica che quest’ultima è un’unità di staff, cioè di supporto alla prima. Negli altri casi i legami sono detti di linea (line).

 L’organigramma gerarchico può essere sviluppato sia verticalmente (dall’alto in basso) sia orizzontalmente (da sinistra a destra).

 In fig. A10 è rappresentata una struttura a matrice.

 


Questo tipo di struttura nasce per superare i limiti di quella gerarchica e per favorire la creazione di gruppi di lavoro, legati a specifici obiettivi, che necessitano di risorse che possono appartenere a diverse direzioni organizzative.

E’ il caso tipico dei progetti che hanno degli obiettivi a sé stanti, anche se pianificati nell’ambito del budget dell’Organizzazione, che possono aver bisogno di risorse di altre aree in funzione delle fasi in cui si trova il progetto e quindi del suo stato di avanzamento.

 Il progetto è legato al processo ed alle sue attività, le risorse sono assegnate temporaneamente a questo per tutta la sua durata. Il responsabile del progetto ha potere sulle risorse indipendentemente dal fatto che queste possano appartenere ad altre unità organizzative.

 Questo tipo d’organizzazione, da una parte consente d’ottimizzare l’uso delle risorse e d’integrare competenze diverse per far fronte ad un obiettivo, dall’altra acuisce i conflitti, a livello di responsabili, in quanto crea ambiguità sulla dipendenza gerarchica delle risorse.

 In fig. A11 è riportato l’Organigramma circolare.

   

 In questo, la direzione è al centro e l’Organizzazione si sviluppa su cerchi concentrici con le altre unità organizzative verso la periferia.

 Se può essere, a volte, più utile tale notazione per dare la sensazione che la direzione è centrale, rispetto a tutta la struttura, e quindi è un punto di riferimento per tutti più che un livello gerarchico che dà pari dignità alle unità organizzative che fanno parte dello stesso cerchio, pone qualche ambiguità fra unità di line e di staff, anche se questa può essere risolta facilmente ponendo queste ultime fra due cerchi e non sulla linea dei cerchi come avviene per le unità di line.

 In fig. A12 è riportato l’organigramma radiale.

 

Questo può essere inteso come una derivazione di quello a circolare, non rappresenta i livelli d’autorità ma si limita ad evidenziate come le diverse funzioni si irradiano dal centro verso la periferia.

 

 

Un altro tipo di organigramma è quello a rete che evidenzia, partendo dal centro, verso la periferia, le relazioni d’indirizzo e controllo e quelle di scambio di beni e servizi fig. A13.

  Progettare le strutture

 Progettare le strutture organizzative non è mai stata una cosa semplice. Conciliare le esigenze di copertura delle attività con le aspettative degli uomini è spesso difficile per questo gli organigrammi spesso sono, e non a torto, un compromesso.

 In molti casi l’intervento di progettazione serve a risolvere situazioni di stallo fra unità organizzative, conflitti fra managers, criticità contingenti o anche a convalidare decisioni già prese ma non ancora istituzionalizzate.

 Altre volte serve ad ottimizzare l’efficacia e l’efficienza delle strutture o a riorientare l’organizzazione verso gli obiettivi strategici ed operativi.

 

  In fig. A14 sono rappresentate le fasi di un intervento tipo di riprogettazione delle strutture organizzative.

 Naturalmente, come già precisato, gli interventi che possono essere effettuati, sono strettamente connessi all’obiettivo che s’intende raggiungere.

 L’esempio di fig. A14 è stato riportato in quanto completo ed articolato.

 L’intervento si articola in tre fasi fondamentali: la rilevazione, l’analisi e la riprogettazione.

 La fase di rilevazione è necessaria a conoscere il modello organizzativo in essere.

 Ciò può sembrare fuori luogo poiché, spesso, a torto, si ritiene che il modello sia conosciuto all’interno dell’Organizzazione.

 Bisogna considerare che per conoscenza s’intende la capacità di riconoscere, in tempi rapidi, le componenti del modello organizzativo, le relazioni che intercorrono fra ognuna di esse ed il loro posizionamento all’interno dello schema globale di funzionamento, nonché la capacità di poter misurare le performance dell’intero sistema o di ogni sua parte.

Ciò, nella maggior parte dei casi, non è riscontrato poiché, spesso, non vi è storia dei singoli interventi organizzativi effettuati nel corso degli anni o non sono stati aggiornati gli schemi, inerenti il modello organizzativo, che sono quindi rimasti obsoleti. Tale situazione avviene perché il mantenimento dei dati e delle informazioni aziendali sono ritenuti un costo fisso e si preferisce ricorrere ad interventi di rilevazione massivi una tantum.

 La fase d’analisi è necessaria a valutare i punti critici e quelli di forza della struttura organizzativa. Tale valutazione in genere è condotta in modo qualitativo e quantitativo.

 La terza fase è finalizzata alla riprogettazione della struttura. Questa tiene conto delle criticità rilevate e si propone l’obiettivo di rimuoverle, simulando, nel frattempo, le performance del nuovo sistema rispetto a quello in essere in modo da stimare i recuperi d’efficacia e d’efficienza che si otterrebbero, a regime, dopo la riprogettazione e quindi i benefici attesi.

 Sarà necessario anche stimare i costi necessari all’attuazione della riprogettazione per fare un’analisi costi-benefici, necessaria per il management per decidere in merito all’avvio dei lavori di riorganizzazione interna.

 Per una maggior comprensione della dinamica di svolgimento dell’intervento, riportiamo, a seguire, per ogni fase, le sottofasi componenti con una breve spiegazione:

1.      FASE 1: rilevazione

1.1.   strategie ed obiettivi — è essenziale, prima di operare, rendersi conto delle strategie che l’Organizzazione vuole attuare e degli obiettivi che questa si è posta; la conoscenza degli stessi è, infatti, fondamentale per riprogettare il modello in modo coerente;

1.2.    strutture — attraverso la rilevazione delle strutture è possibile conoscere il funzionamento dei meccanismi di coordinamento, di quelli di comunicazione istituzionale nonché le responsabilità; per ogni unità organizzativa dovranno essere rilevati missioni ed obiettivi assegnati e dovranno essere rilevati i corrispondenti come sono stati interpretati dai responsabili; una corretta interpretazione di missione ed obiettivi è fondamentale per il funzionamento dell’Organizzazione;  dovrà anche essere rilevata la struttura informale, cioè quella che realmente è operativa e confrontare la stessa con quella formale; qualsiasi scostamento fra le due strutture può essere causa di inefficacia-inefficienza;

1.3.   ruoli ed organici — all’interno di ogni unità organizzativa dovranno essere rilevati i ruoli e le posizioni organizzative presenti che dovranno essere verificati con gli equivalenti percepiti dagli addetti; la percezione del proprio ruolo è essenziale per il corretto funzionamento della struttura; sarà inoltre necessario rilevare gli organici assegnati alle singole unità organizzative;

1.4.   attività e tempi — queste dovranno essere rilevate, per singola unità organizzativa, in una tabella generale delle attività; le stesse dovranno essere censite (tabella At1), per ogni risorsa appartenente a quella unità organizzativa, attribuendo un peso percentuale ad ognuna di queste nell’ambito del totale delle attività svolte (100%); successivamente dovrà essere prodotta un’altra tabella (tabella At2) comprendente tutte le risorse e tutte le attività per vedere la distribuzione delle stesse nell’ambito di tutta l’Unità Organizzativa; per ogni attività dovranno essere definiti dei tempi di lavorazione standard, questi possono essere dichiarati o da un puntuale misurazione o tramite una media di tempi dichiarati da campioni di responsabili delle attività (activity owners), scelti secondo certi criteri; in questa sottofase, visto il contatto diretto con le risorse, è possibile aggiungere una rilevazione, sul livello di autonomia, discrezionalità, sullo stile del management, sul clima aziendale percepito, sulle necessità formative o strumentali;

1.5.   volumi — dovranno essere rilevati, per periodi significativi, i volumi lavorati per unità organizzativa-ruolo-posizione organizzativa-attività; ciò è fondamentale per il successivo calcolo dei carichi di lavoro.

2.      FASE 2: analisi

2.1.   criticità e punti di forza — a questo punto, sarà necessario tirare le somme in termini di punti di forza e di punti di debolezza; l’analisi terrà conto non solo dei dati rilevati nella precedente fase, ma anche delle sensazioni trasmesse dagli intervistati all’intervistatore, in particolare di malfunzionamenti segnalati, clima aziendale, stile del management, conflitti, situazioni di stallo, livello di comunicazione, livello di formazione, necessità strumentali e formative;

2.2.   carichi di lavoro e dimensionamento — avendo a disposizione i tempi standard ed i volumi rilevati dalla fase precedente è possibile calcolare ed analizzare per ogni unità organizzativa-ruolo-posizione organizzativa i carichi di lavoro (Carico di lavoro = ∑ tempi standard * volumi lavorati), riportarli in capo ad un periodo annuale, tradurli quindi in termini di risorse virtuali (Risorse virtuali = Carichi di lavoro annui / tempo netto disponibile) e stimare se, nella situazione in essere (as is), sia presente una condizione d’eccesso o di carenza di risorse;

3.      FASE 3: riprogettazione

3.1.   strutture e ruoli ― la sottofase prevede il ridisegno della struttura organizzativa e dei ruoli-posizioni organizzative; tale processo tiene conto di tutte le criticità individuate a livello qualitativo e quantitativo;

3.2.   attività ― tutte le attività sono ridistribuite in capo alle nuove unità organizzative ed ai nuovi ruoli-posizioni organizzative;

3.3.   carichi di lavoro, dimensionamento, organici ― riutilizzando gli stessi volumi rilevati, sono ricalcolati i carichi di lavoro, in capo alle nuove unità organizzative ed ai nuovi ruoli-posizioni organizzative, e quindi le risorse virtuali; sono poi identificati tutti gli organici da assegnare alle nuove unità organizzative;

3.4.   recuperi ― sono calcolati i recuperi in termini di risorse paragonando la situazione che si propone (to be) con quella in essere (as is); tali recuperi vengono tradotti in costi annuali e proiettati in un triennio; si confrontano poi i costi previsti per l’attuazione del progetto con i recuperi e si verifica dove si pone il punto d’equilibrio (break-even point).

   

 Come si può capire tale intervento, pur essendo più rapido rispetto ad uno per processi, presenta sempre dei tempi d’esecuzione lunghi. Nulla vieta che le fasi precedentemente descritte siano ridotte in termini di tempi o riarticolate in funzione di obiettivi opportunamente ridotti.

 
 

Il calcolo dei carichi di lavoro è però, di per sé, oneroso anche se si possono usare metodologie di campionamento che possono dare ottimi risultati equivalenti ad una rilevazione a tutto campo.

 Un’altra possibilità è quella di utilizzare modelli di riferimento esterni e quindi effettuare un confronto (benchmarking) esterno e quindi riorientare la struttura a quella di riferimento.

 Anche il benchmarching interno, cioè il confronto fra strutture simili, quali le filiali, può dare dei buoni e rapidi risultati.

 In ambedue i casi si adotta subito il modello migliore per clonazione.

 Mentre il benchmarching interno è sicuramente un valido riferimento, in quanto basato sull’osservazione fenomeni similari in un ambiente omogeneo, potrebbe non esserlo quello esterno poiché ogni modello è legato ad ambienti eterogenei cioè ai processi interni ed alle tecnologie adottate che possono fare le differenze.

Il benchmarking interno è però applicabile alle strutture che, all’interno dell’Organizzazione, presentano n modelli organizzativi fisici rispetto ad un unico modello logico (n filiali fisiche a fronte di una struttura di filiale).

    

 In fig. A15 sono riportate le fasi metodologiche per un intervento di ristrutturazione organizzativa con benchmarking esterno.

 A seguire sono dettagliate le relative fasi e sottofasi:

  1. FASE 1: rilevazione

1.1.   strategie ed obiettivi — è essenziale, prima di operare, rendersi conto delle strategie che l’Organizzazione vuole attuare e degli obiettivi che questa si è posta; la conoscenza degli stessi è, infatti, fondamentale per riprogettare il modello in modo coerente;

1.2.    strutture — attraverso la rilevazione delle strutture è possibile conoscere il funzionamento dei meccanismi di coordinamento, di quelli di comunicazione istituzionale nonché le responsabilità; per ogni unità organizzativa dovranno essere rilevati missioni ed obiettivi assegnati e dovranno essere rilevati i corrispondenti come sono stati interpretati dai responsabili; una corretta interpretazione di missione ed obiettivi è fondamentale per il funzionamento dell’organizzazione;  dovrà anche essere rilevata la struttura informale, cioè quella che realmente è operativa e confrontare la stessa con quella formale;

1.3.   ruoli ed organici — all’interno di ogni unità organizzativa dovranno essere rilevati i ruoli e le posizioni organizzative presenti che dovranno essere verificati con gli equivalenti percepiti dagli addetti; la percezione del proprio ruolo è essenziale per il corretto funzionamento della struttura; sarà inoltre necessario rilevare gli organici assegnati alle singole unità organizzative;

1.4.   attività — queste dovranno essere rilevate, per singola unità organizzativa, in una tabella generale delle attività; le stesse dovranno essere rilevate (tab. At1), per ogni risorsa appartenente a quella unità organizzativa, attribuendo un peso percentuale ad ognuna di queste nell’ambito del totale delle attività svolte (100%); successivamente dovrà essere prodotta un’altra tabella (tab At2) comprendente tutte le risorse e tutte le attività per vedere la distribuzione delle stesse nell’ambito di tutta l’Unità Organizzativa; in questa sottofase, visto il contatto diretto con le risorse, è possibile aggiungere una rilevazione, sul livello di autonomia, discrezionalità, sullo stile del management, sul clima aziendale percepito, sullenecessità formative o strumentali;

1.5.   volumi — dovranno essere rilevati, per periodi significativi, i volumi lavorati per unità organizzativa-ruolo-posizione organizzativa-attività; ciò è fondamentale sia per il benchmarking che per la riprogettazione.

1.6.   modelli esterni ― si ricercano sul mercato i dati ed i modelli inerenti altre realtà simili a quella da riorganizzare;

  1. FASE 2: analisi

2.1.   criticità e punti di forza — a questo punto sarà necessario tirare le somme in termini di punti di forza e di punti di debolezza; l’analisi terrà conto non solo dei dati rilevati nella precedente fase, ma anche delle sensazioni trasmesse dagli intervistati all’intervistatore, in particolare di malfunzionamenti segnalati, clima aziendale, stile del management, conflitti, situazioni di stallo, livello di comunicazione, livello di formazione, necessità strumentali e formative;

2.2.   benchmarking esterno e modello target — si confrontano le performance del modello in essere con quelle dei modelli esterni e si valuta la congruità del numero di risorse rispetto al livello di efficacia-efficienza di ognuno di questi; si sceglie quindi il modello migliore (target) e si valuta il gap esistente fra questo e quello in essere;

  1. FASE 3: riprogettazione

3.1.   strutture e ruoli ― la sottofase prevede il ridisegno della struttura organizzativa e dei ruoli-posizioni organizzative; tale processo tiene conto di tutte le criticità individuate a livello qualitativo e quantitativo;

3.2.   attività ― tutte le attività sono ridistribuite in capo alle nuove unità organizzative ed ai nuovi ruoli-posizioni organizzative

3.3.   carichi di lavoro, dimensionamento, organici ― riutilizzando gli stessi volumi rilevati, sono ricalcolati i nuovi organici virtuali, in capo alle nuove unità organizzative ed ai nuovi ruoli-posizioni organizzative; sono poi identificati tutti gli organici da assegnare alle nuove unità organizzative;

3.4.   recuperi ― sono calcolati i recuperi in termini di risorse paragonando la situazione che si propone (to be) con quella in essere (as is); tali recuperi sono tradotti in costi annuali e proiettati in un triennio; si confrontano poi i costi previsti per l’attuazione del progetto con i recuperi e si verifica dove si pone il punto d’equilibrio (break-even point).

  

In fig. A16 sono riportate le fasi metodologiche per un intervento di ristrutturazione organizzativa con benchmarking interno, che ricordiamo è applicabile solo dove è possibile confrontare strutture simili.

 A seguire sono dettagliate le relative fasi e sottofasi: 

  1. FASE 1: rilevazione

1.1.   strategie ed obiettivi — è essenziale, prima di operare, rendersi conto delle strategie che l’Organizzazione vuole attuare e degli obiettivi che questa si è posta, la conoscenza degli stessi è, infatti, fondamentale per riprogettare il modello in modo coerente;

1.2.    strutture — attraverso la rilevazione delle strutture è possibile conoscere il funzionamento dei meccanismi di coordinamento, di quelli di comunicazione istituzionale nonché le responsabilità; per ogni unità organizzativa dovranno essere rilevati missioni ed obiettivi assegnati e dovranno essere rilevati i corrispondenti come sono stati interpretati dai responsabili; una corretta interpretazione di missione ed obiettivi è fondamentale per il funzionamento dell’organizzazione;  dovrà anche essere rilevata la struttura informale, cioè quella che realmente è operativa e confrontare la stessa con quella formale;

1.3.   ruoli ed organici — all’interno di ogni unità organizzativa dovranno essere rilevati i ruoli e le posizioni organizzative presenti che dovranno essere verificati con gli equivalenti percepiti dagli addetti; la percezione del proprio ruolo è essenziale per il corretto funzionamento della struttura; sarà inoltre necessario rilevare gli organici assegnati alle singole unità organizzative;

1.4.   attività — queste dovranno essere rilevate, per singola unità organizzativa, in una tabella generale delle attività; le stesse dovranno essere rilevate (tab.At1), per ogni risorsa appartenente a quella unità organizzativa, attribuendo un peso percentuale ad ognuna di queste nell’ambito del totale delle attività svolte (100%); successivamente dovrà essere prodotta un’altra tabella (tab. At2) comprendente tutte le risorse e tutte le attività per vedere la distribuzione delle stesse nell’ambito di tutta l’Unità Organizzativa; in questa sottofase, visto il contatto diretto con le risorse, è possibile aggiungere una rilevazione, sul livello di autonomia, discrezionalità, sullo stile del management, sul clima aziendale percepito, sulle necessità formative o strumentali;

1.5.   volumi — dovranno essere rilevati, per periodi significativi, i volumi lavorati per unità organizzativa-ruolo-posizione organizzativa-attività; ciò è fondamentale sia per il benchmarking che per la riprogettazione.

1.6.   modelli interni ― si ricercano all’interno dell’organizzazione i dati ed i modelli inerenti altre realtà simili a quella/e da riorganizzare;

  1. FASE 2: analisi

2.1.   criticità e punti di forza — a questo punto sarà necessario tirare le somme in termini di punti di forza e di punti di debolezza; l’analisi terrà conto non solo dei dati rilevati nella precedente fase, ma anche delle sensazioni trasmesse dagli intervistati all’intervistatore, in particolare di malfunzionamenti segnalati, clima aziendale, stile del management, conflitti, situazioni di stallo, livello di comunicazione, livello di formazione, necessità strumentali e formative;

2.2.   benchmarking interno e modello target — si confrontano le performance del modello in essere con quelle dei modelli interni simili e si valuta la congruità del numero di risorse rispetto al livello di efficacia-efficienza di ognuno di questi; si sceglie quindi il modello migliore (target) e si valuta il gap esistente fra questo e quello in essere;

  1. FASE 3: riprogettazione

3.1.   strutture e ruoli ― la sottofase prevede il ridisegno della struttura organizzativa e dei ruoli-posizioni organizzative; tale processo tiene conto di tutte le criticità individuate a livello qualitativo e quantitativo;

3.2.   attività ― tutte le attività sono ridistribuite in capo alle nuove unità organizzative ed ai nuovi ruoli-posizioni organizzative

3.3.   carichi di lavoro, dimensionamento, organici ― riutilizzando gli stessi volumi rilevati, sono ricalcolati i nuovi organici virtuali, in capo alle nuove unità organizzative ed ai nuovi ruoli-posizioni organizzative; sono poi identificati tutti gli organici da assegnare alle nuove unità organizzative;

3.4.   recuperi ― sono calcolati i recuperi in termini di risorse paragonando la situazione che si propone (to be) con quella in essere (as is); tali recuperi sono tradotti in costi annuali e proiettati in un triennio; si confrontano poi i costi previsti per l’attuazione del progetto con i recuperi e si verifica dove si pone il punto d’equilibrio (break-even point).

  Valutare le strutture.

  Valutare le strutture è necessario non solo dal punto di vista organizzativo ma anche del controllo di gestione.

 Le strutture infatti contengono unità organizzative che sono dei poli o centri di responsabilità, che possono essere visti come:

o       centri di costo, responsabili di mantenere i costi entro certi parametri e di perseguire gli obiettivi assegnati, attraverso un programma operativo che rispetti i vincoli assegnati in fase di budget, ciò è tipico della produzione o dei centri di ricerca

o       centri di ricavo, che devono assicurare i risultati in termini di soli ricavi, ciò è tipico delle divisioni commerciali

o       centri di profitto, che devono assicurare  i risultati in termini di ricavi e margini, come avviene per le business units.

 Abbiamo visto che un grosso rilievo, in termini di parametri di valutazione viene attribuito a quelli economici, costi, ricavi e margini.

 Ma sono sicuramente importanti altri parametri che possono incidere notevolmente sull’efficacia e sull’efficienza.

 Uno dei parametri organizzativi fondamentali è dato dalla produttività.

 Per arrivare compiutamente a questo concetto dobbiamo prima considerare che gli organici sono una parte dell’energia che serve all’Organizzazione per adempiere alla propria missione.

 Se quindi un’Organizzazione o più semplicemente un’unità organizzativa ha degli organici assegnati questi possono essere visti come un’energia potenziale pronta ad attivarsi, in termini di carichi di lavoro, una volta che esistano dei volumi, richiesti dal contesto, mercato o altro, da lavorare.

 Quest’energia potenziale è tutta utilizzabile?

 La risposta è no, infatti, se una risorsa percepisce una retribuzione per un anno per rendere disponibile la propria energia potenziale, esistono le ferie e dei fattori fisiologici che rendono meno produttiva la risorsa.

 Occorre quindi essere realistici e considerare che esistono dei vincoli che occorre considerare. Per tale motivo diremo che Oa è l’organico assegnato, Odo l’organico disponibile ottimale, Odr l’organico disponibile reale.

 Il primo è quello che possiamo rilevare dal libro paga, il secondo si riferisce all’organico che si ottiene decurtando dall’organico assegnato Oa il tempo necessario per le ferie e le assenz eo improduttività che l’Organizzazione ritiene di poter classificare come normali in quanto fisiologiche, il terzo è come il secondo da cui sono decurtati i tempi provocati dall’assenteismo ed aggiunti quelli dovuti ad attività straordinarie.

 In formule:

 se si definisce Tnd il tempo netto disponibile, ovvero il tempo contrattuale Tc decurtato del tempo previsto per le ferie Tfe e di quello per fisiologico Tfi si ottiene:

 Tnd = Tc – Tfe – Tfi

 e Td il tempo disponibile cioè il tempo netto disponibile Tnd decurtato dell’assenteismo Tas ed incrementato del lavoro straordinario Tls si ottiene:

 Td = Tnd – Tas +  Tst = Tc – Tfe – Tfi – Tas + Tls

 Si può ricavare che gli organici disponibili reali Odr sono dati da:

 Odr = Oa * (Td / Tc) = Oa * ( 1 – Tfe / Tc – Tfi / Tc – Tas / Tc + Tls / Tc) = (Tnd / Tc – Tas /Tc + Tls /Tc).

 Se poi definiamo:

o       indice di ferie = Ife = Tfe / Tc

o       indice fisiologico = Ifi = Tfi / Tc

o       indice d’assenteismo = Ias  = Tas / Tc

o       indice di lavoro straordinario = Ils = Tls / Tc

otteniamo:

Odr = Oa * (1 – Ife – Ifi – Ias + Ils) = Oa * ( Tnd /Tc – Ias + Ils) = Oa * (Tnd / Tc) +  Oa * (Ils – Ias).

se definiamo l’organico disponibile ottimale come: Odo = Oa * (Tnd/Tc)

otteniamo: Odr = Odo + Oa * (Ils – Ias).

E’ da considerare che potremmo ottenere che l’organico disponibile ottimale potrebbe essere, in certi casi, superiore all’organico disponibile reale. Ciò può avvenire quando il tempo straordinario è superiore al tempo di assenteismo. Tale situazione non è favorevole per l’organizzazione in quanto si sopperisce all’assenteismo con lo straordinario e quindi con maggiori costi.

Se l’organico disponibile ottimale risultasse uguale all’organico disponibile reale può succedere  il caso in cui effettivamente ci troviamo di fronte ad una condizione ottimale di mancanza d’assenteismo e di straordinari o che questi due fattori si annullino vicendevolmente e quindi in una condizione di costi superiori per l’Organizzazione.

Per tale motivo è sempre opportuno considerare gli indici.

Se poi consideriamo la produttività, questa viene fatta derivare dai carichi di lavoro Cl e quindi dal raffronto fra gli organici necessari On derivanti da questi e gli organici assegnati Oa.

In formule: On = Cl / Tnd  con Cl = Σ volume * Ts e Ts = tempi standard.

E’ stato considerato il tempo netto disponibile in quanto è quello che tiene conto del fattore ferie e dell’assenteismo fisiologicamente ammesso.

I tempi standard Ts sono misurati o derivanti da medie di tempi dichiarati da elementi componenti gruppi omogenei e significativi.

La  produttività può quindi essere data, in valore assoluto, dall’organico in eccesso o in difetto: ΔO = (On- Oa)

In indici da: Ip1 = (On – Oa) / On.

Questo indice misura gli organici in eccedenza o in difetto ripetto a quelli che occorrono in virtù dei volumi trattati e dei carichi di lavoro standard previsti.

Per capire i fenomeni che hanno portato all’improduttività occorre considerare gli indici precedentemente considerati ed il fatto che se l’Organizzazione, nel periodo di monitoraggio, ha subito un calo di volumi produttivi, si può parlare più di livello di saturazione degli organici che di produttività vera e propria.

Quest’ultima può essere misurata attraverso il seguente indice: Ip2 = Cls / Clr = (∑ Volume * Ts) / (∑ volume * Tr)

Dove:

Cls = carico di lavoro standard

Clr = carico di lavoro reale

Ts = tempo standard

Tr = tempo reale.

I carichi di lavoro standard sono ricavati utilizzando i tempi standard Ts, come precedentemente definiti, i carichi di lavoro reali sono ricavati utilizzando i tempi reali.

Questo secondo indice fornisce un sicuro controllo sull’efficienza delle attività svolte.

Altri parametri di valutazione riguardano la qualità di cui parleremo nello specifico paragrafo, quelli che riguardano le caratteristiche comportamentali e professionali del personale, il livello di soddisfazione e motivazione ed il livello di adeguatezza delle tecnologie e delle strutture logistiche.

Un'altra modalità utilizzata per capire il valore delle strutture è quella che comunemente viene definita “analisi del valore delle strutture”. 

Questa tratta tutte le strutture come se fossero clienti e fornitori di servizi interni ed esterni. Si quantificano i costi di produzione dei servizi e si correlano questi al livello di soddisfazione espresso dai clienti interni ed esterni .

In questo modo, si può rilevare il livello di soddisfazione delle strutture e dei clienti che ricevono dei servizi e la qualità espressa da quelle che li producono.

Naturalmente in questa catena del valore ogni struttura si comporta, a turno, come cliente e fornitore.

 

 

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